Il fenomeno delle Bubble Tea. Da Instagram alle gelaterie, un business anche romagnolo.
Oggi valgono qualcosa come 2,7 miliardi di dollari nel mondo. In Italia il mercato è stimato attorno ai 30 milioni di euro, con prospettive di arrivare a 90 entro il 2027
La crescita esponenziale nel consumo di Bubble Tea sta diventando un vero e proprio caso economico. Un fenomeno che, partito dalla Cina, ha invaso prima l’America e ora anche l’Europa e l’Italia, diventando ben presto la bevanda simbolo delle generazioni più giovani. Il concetto è semplice, perché si tratta di sciroppi con gusti vari, all’interno dei quali vengono inserite perle di tapioca o sfere gelatinose ripiene di succo di frutta. Il tutto racchiuso dentro bicchieroni trasparenti, da cui fuoriescono le cannucce. Secondo l’advisor italiano Growth Capital, che per primo ha deciso di investire risorse per effettuare un’analisi di mercato sul prodotto, oggi le bubble tea valgono qualcosa come 2,7 miliardi di dollari nel mondo e nel 2027, secondo le prospettive, potrebbero arrivare a fatturare ben 4 miliardi. Taiwan, il paese dove tutto è nato, e il Vietnam sono ancora oggi i due mercati di riferimento per il prodotto, magli Stati Uniti hanno già raggiunto il secondo posto, con una diffusione che si sta estendendo a macchia d’olio.
I numeri
Sempre secondo Growth Capital, oggi il mercato italiano delle bubble è stimato attorno ai 30 milioni di euro, con prospettive di arrivare a 90 milioni entro il 2027. In totale sono stati già mappati 156 “bubble tea bar” sparsi lungo tutto lo stivale e, dati i tassi di crescita del fenomeno, nei prossimi due anni se ne dovrebbero aggiungere altrettanti. Ma c’è di più. Al Sigep di Rimini, che si è tenuto a metà marzo, le “boba” (come vengono comunemente chiamate) sono state uno dei prodotti di maggiore novità, catalizzando l’attenzione degli addetti ai lavori. E a Milano Frankly – fondata dall’ex Boston consulting group Franco Borgonovo – viaggia già su un milione di clienti all’anno. A Ravenna, ormai da qualche anno, c’è un imprenditore che sulle Bubble Tea ha deciso di investire parecchio. Pietro Montefiori e la “sua” Seng il business nel mondo dell’horeca lo hanno iniziato con il ginseng nel 2006. Poi nel 2017 è arrivata la scoperta delle sfere di tapioca e la decisione d e l l’imprenditore romagnolo di diversificare il proprio business, aprendosi alle bubble con il suo marchio “Master Bools”.
Romagna
«Gli inizi– racconta Montefiori – sono stati un po’ lenti. Il mercato era praticamente a zero e quello che abbiamo dovuto fare è stato più che altro un lavoro di impostazione. Oggi, con l’interesse mostrato dai grandi gruppi, la crescita è invece esponenziale. Abbiamo una trentina di ordini al giorno, siamo presenti col nostro marchio dentro Mirabilandia e le potenzialità di sviluppo sono molto interessanti». Parlando di territori, l’Italia si mostra come sempre un po’ a pezzi. «In Lombardia –spiega il presidente di Seng –dove le bubble si sono affacciate per la prima volta in Italia, oggi stiamo lavorando molto bene. La Romagna sta crescendo, con un avvicinamento sempre più intenso da parte, in particolare, delle gelaterie, dove credo che ci sarà lo sviluppo maggiore da qui ai prossimi anni». L’arma vincente del Bubble Tea, secondo l’imprenditore romagnolo, «è che gira specialmente tra i giovani, quindi la sua crescita è molto più rapida, poiché il veicolo principale di comunicazione è Instagram». Montefiori, grazie anche al sostegno del consorzio RomagnaTech, sullo sviluppo del prodotto è riuscito tra l’altro a coinvolgere persino l’Università di Bologna, dove a maggio ha lanciato una sfida a sessanta studenti del corso di laurea triennale in Design del prodotto industriale, chiedendo loro di progettare una vending machine per le Bubble Tea e un’app per l’interazione con la macchina, finalizzata a favorire e promuovere nuove modalità di consumo.
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